Sul tasto Inizio non ho ancora capito come farlo funzionare in modo più logico ma per lo snapping ed il posizionamento delle finestre ho da poco trovato un programma che finalmente consente di ridimensionare e agganciare le finestre a mezzo schermo, affiancate e tante altre possibilità che sono abituali su windows.
Il programma in questione è Rectangle, è gratis ed open source, si installa come qualsiasi applicazione su osx (oppure anche con un brew install --cask rectangle
), gli si da qualche permesso per poter gestire le finestre e poi funziona sia spostando la finestra ai bordi dello schermo o, per avere un controllo maggiore tramite delle scorciatoie da tastiera o anche dal menu.
Dopo il riavvio la situazione si riprende, tiene duro per un po’ ma poi all’improvviso tutto muore anche negli orari più impensabili.
Urge quindi l’installazione di qualche strumento per monitorare nel dettaglio l’andamento del sistema e la scelta è ricaduta su Performance Co-Pilot che non è lo strumento più user friendly del mondo ma consente la storicizzazione in locale dello storico e un po’ di scripting fatto ad hoc.
Dopo un po’ di crash e di analisi finalmente scopro che quello che mette in crisi il sistema è il processo kswap0 e quindi il problema deriva dalla memoria.
Dopo aver fatto un po’ di prove artigianali e trovato altri con lo stesso problema butto su uno script per andare a pulire la cache quando la cpu va in crisi per cercare di sanare la situazione.
Quello che non mi spiego è come mai con il precedente server, pur sempre con solo 1 GB di ram, non avevo mai avuto quei problemi.
E qui imparo che le istanze Lightsail di default vengono create senza la partizione di swap per cui quando tra buffer e cache ogni tanto il sistema tenta di fare un po’ di swapping questo manda in crisi il processo che lo gestisce.
Come fare quindi a gestire una partizione di swap in un server che non la ha e senza voler aggiungere altri dischi? Qui una ottima guida mi ricorda che su Linux tutto è un file e quindi basta aggiungere un file e dire al sistema di usarlo come swap:
sudo fallocate -l 1G /swapfile sudo chmod 600 /swapfile sudo mkswap /swapfile sudo swapon /swapfile sudo cp /etc/fstab /etc/fstab.bak echo '/swapfile none swap sw 0 0' | sudo tee -a /etc/fstab
E con questo tutti i problemi della cpu della macchina sono risolti.
]]>Per onor di cronaca, la decisione di cambiare fornitore non dipende da Tophost o dal suo servizio che in 8 anni è stato assolutamente ineccepibile. Infatti per gli altri siti in hosting e per la gestione dei DNS resto fedele a Tophost.
La scelta di Amazon AWSè arrivata per diversi fattori, un po’ nell’ottica di iniziare a lavorare su questa piattaforma con l’ottica di sfruttare in futuro anche altri servizi offerti della piattaforma, visto che già facevo i backup del vecchio server su S3, un po’ per provare a risparmiare un po’, perché anche il portafoglio vuole la sua parte.
Lightsail è un prodotto Amazon che si affianca ad EC2 e fornisce server virtuali.
In pratica sono delle vere e proprie istanze Ec2, solo che partendo da delle configurazioni predefinite riescono a semplificarne la gestione e mantenere dei costi contenuti e facilmente prevedibili.
Si possono scegliere server con il puro sistema operativo oppure con dei servizi già preinstallati, e i costi variano dai soli 3.5$ al mese per una vcpu, 512 MB di ram, 20 GB di disco SSD per poi salire progressivamente a 5$ per avere 1 GB di ram, 40 GB di disco SSD, 10$ per 2 GB di ram e 60 GB di disco e su fino ache arrivare ai 160$ al mese per una macchina con 32 GB di ram, 8 vcpu, 640 GB di SSD. Ogni taglia ha anche un limite di dati trasferibili che crescono progressivamente partendo a 1 TB/mese
Visto che il mio precedente server aveva 1 Gb, 2 core e 20 GB di disco la mia scelta è ricaduta sull’istanza da 5$ per mantenere la stessa quantità di ram per far girare la mia istanza LEMP. Sulla carta perdo quindi 1 core, ma ci guadagno 20 GB di disco SSD, il che non è male visto che di la iniziavo a starci strettino.
La cosa interessante di Lightsail e che è comunque possibile passare facilmente ad una istanza di dimensione superiore. Basta prendere uno snapshot del server e su questo snapshot creare una nuova istanza dalla caratteristiche desiderate. Con lo stesso meccanismo è anche possibile migrare su un’istanza EC2.
A questo punto scegliamo il nome, premiamo il pulsantone “Crea istanza” e in pochi minuti abbiamo il nostro server pronto e funzionante per essere lavorato
Il server è pronto, è funzionante, ma purtroppo non è ancora accessibile a internet, perché di default le istanze hanno solo l’ip privato e sono aperti solo alla porta SSH e HTTP, il che non va bene visto che devo ospitare un sito pubblico Ma l’interfaccia è ben fatta e aggiungere l’ip pubblico e apre la porta https è questione di pochi click, come anche andare a fare attività ben più complesse come creare un bilanciatore o far gestire i contenuti tramite una CDN.
Uno dei limiti principali con cui ci scontriamo quasi subito e che vcpu che abbiamo non è proprio una, ma è una frazione. In pratica per l’istanza in questione noi possiamo utilizzare il 10% della potenza di quella cpu per tutto il tempo che vogliamo, ma quando sforiamo il 10% iniziamo a consumare una cosa che Amazon chiama capacitò di burst. Quindi quando consumiamo meno del 10% guadagniamo burst, quindi sopra lo consumiamo. Quando la capacità di burst arriva a zero scordiamoci che il nostro server risponda e quindi è meglio riavviarlo e capire bene quale è il processo che consumava tutta quella cpu.
Chiaramente con questo meccanismo questi non sono server sui quale impareare a fare il training di modelli di machine learning, ma per un normale sito internet si tratta di un comportamento accettabile visto che comunque è chiaro e ben documentato.
Ora non resta che vedere come si comporta nel corso del tempo, e visto che a breve il sito riceverà il suo picco massimo di visite annuali, capiremo a breve se il taglio di macchina scelto è adeguato oppure se la gestione della cpu diventa un problema.
Ci troviamo di fronte ad un prodotto, che nella sua forma base, offre ad un prezzo concorrenziale dei server virtuali adatti a sostenere un normale sito internet.
Il suo grande pregio e che pur trattandosi di un prodotto semplificato consente di poter far crescere la propria infrastruttura, ovviamente pagando il dovuto, migrando a sistemi superiori, aggiungendo spazio disco o funzionalità aggiuntive come la cdn o il bilanciamento.
Se dovessi fare un confronto con la soluzione di Tophost è chiaro che siamo di fronte ad una soluzione molto più ingegnerizzata e adatta a chi vuole crescere, con anche una gestione dei costi molto più chiara (lo ammetto i Topvoucher non mi sono mai piaciuti)mentre su una cosa invece Tophost vince a mani basse, li le cpu sono cpu vere e non serve tenere conto di burst o aver paura che il tuo server di blocchi di notte a causa di qualche processo impazzito, ma di questo scriverò una prossima volta.
]]>Capito velocemente che non dipendeva dal fatto che non avevo pagato l’hosting (altrimenti si che erano belle rogne) capisco che mi sono entrati su WordPress, cambiato la configurazione del nome e dell’indirizzo del sito nonché aggiunto in fondo ad ogni pagina ed articolo una serie di javascript con relative redirezione alle pagine degli spammer.
Il primo passo per riprendere possesso del sito è stato quello di sistemare sul database l’url corretto del sito in modo da poter accedere al pannello di controllo, ma visto che comunque continuava a dare una serie di errori strani ho optato per una terapia d’urto.
Prima cosa da fare quindi spostare tutti i file di prodotto e rifare l’installazione partendo dai sorgenti dell’ultima versione disponibile sul sito, giusto per essere sicuro di non avere strascichi nel caso l’attacco malevolo avesse modificato qualche file
La reinstallazione, collegandomi sempre al vecchio database, ha di nuovo reso accessibile il sito ma comunque dopo un po’ le pagine andavano sempre in redirect a causa della presenza di alcuni javascript in pagina.
E adesso come si fa a togliere da tutte le pagine e contenuti i riferimenti ai javascript? Qui è venuto in aiuto stackoverflow (sempre sia lodato) che mi ha dato la dritta per fare un UPDATE massivo della tabella dei post andando “semplicemente” a sostituire i <script …> grazie ad un REPLACE.
E dopo questo, riaggiungiamo i plug-in e siamo di nuovo online
]]>Da allora molta acqua è passata sotto i ponti ma finalmente la migrazione è finita
]]>http://sobolev.us/download/nasa/
… figata!!!
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Ingredienti (per 4 persone)
Preparazione
Saltate le fettine di speck in una padella fino a renderlo croccante, poi pelate le patate e tagliatele a dischi spessi pochi millimetri, imburrate una teglia e disponete i dischi di patata in modo da ricoprire completamente il fondo.
A questo punto adagiate le fette di speck sul fondo di patate, e sopra di questo metteteci delle fettine di scamorza e ricoprite il tutto con un’altro strato di patate
Nel frattempo a parte preparate la besciamella e quando questa è pronta stendetelo sopra l’ultimo strato di patate e cospargete il tutto dal grana grattugiato.
Informare per circa 30′ finché non si sarà gratinato a dovere.
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Ingredienti
quindi un rapporto 1, 1/2, 1/2 tra uova, zucchero e farina.
Preparazione
Mescolare per bene le uova e lo zucchero fino che quest’ultimo non è ben sciolto a questo punto l’ho montata sulla planetaria alla velocità 5 finché non è diventata ben spumosa. A questo punto aggiungere la farina poco alla volta mescolando con una spatola morbida dall’alto in basso come quando si aggiunge la panna ad un composto, lo scopo è quello di non far smontare le uova e zucchero. Messo tutto su uno stampo imburrato e infarinato e infornato a 180° C per 30 minuti circa.
Il risultato finale è un disco di 21 cm, alto 2.5-3 cm di un bel colore brunito e una consistenza abbastanza elastica.
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