Islanda (e Londra mio malgrado): parte 9, a caccia di balene


Oggi facciamo poca strada (almeno secondo gli standard Islandesi) e dalla città ci spostiamo un po’ più a nord fino ad Húsavík, paese portuale che si trova a non troppe decine di chilometri dal circolo polare artico.

Húsavík, una birra prima di andare a caccia di balene

Qui il nostro scopo è, novelli capitani Achab, andar a caccia di maestosi cetacei, per poter quindi aver il diritto di esclamare, oltre a “che buona la carne di balena” anche un “che bella la balena, pensa a quanti spiedini ne vengono fuori con una di quelle” 🙂
Vabbè, a parte il tono scherzoso siamo estremamente curiosi di goderci questa giornata salmastra dedicata a vedee questi grandi mammiferi e per fare questo, tra le due compagnie di whale watching di Húsavík ci affidiamo alla North Sailing che è quella che ci da maggior ispirazione e più che altro a gli orari a noi più graditi.

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Ancora una volta il clima islandese ci arride, segno che gli dei del nord sono dalla nostra parte e che capiscono la nostra volontà di ammirare le loro terre e quindi il sole è alto, il cielo è limpido e c’è un forte vento, quindi possiamo aspettarci un mare abbastanza agitato, ma noi, lupi di mare non ci spaventiamo, indossiamo la nostra pesante cerata arancione e ci imbarchiamo sull’ex peschereccio traspormato in nave da avvistamento e usciamo dal porto a sfidar i marosi.

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Ci mettiamo un po’ a raggiungere il luogo per l’avvistamento e ci sono già altre navi in mare, ma per fortuna, anche se non siamo molto fuori dal fiordo, il vento si calma ed il mare è molto tranquillo e allora può iniziare la caccia alla balena. La notevole è che pur in mare, visto che ci troviamo solo all’imboccatura della baia i cellulari prendono ancora …

La caccia è molto semplice e funziona più o meno così, la nave si attesta in una zona e nel frattempo l’uomo di vedetta scruta il mare in attesa di identificare il respiro del cetaceo, il classico sbuffo oppure il segno della pinna e da li scatta l’inseguimento a massima velocità per portarsi fino alla zona dell’avvistamento.

Se hai fortuna durante le tue ore di mare trovi una o più megattere in zona e quindi passi delle ore concitare a furia di “guardate a destra”, “adesso a sinistra”, “di fronte a noi” oppure se sei sfortunato passi ore senza vedere nemmeno l’ombra della balena. Bhè, gli dei ci arridono e quindi non servono molte parole, le foto qui sotto sono sono un’estratto di tutte quelle che ho fatto 🙂

Megattera

Megattera

Megattera

Megattera

Megattera

Megattera

Megattera

Megattera

Dopo una mattinata di caccia fortunata, più di tre ore in mare, torniamo al porto dove è l’occasione di andare a cercare un cibo piacevole per allietarci lo stomaco, anche perché il biscottone scialbo e la cioccolata calda spompa che ci hanno offerto in mare non hanno aiutato certamente a sfamarci.

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E l’occasione è quella di sfruttare un ristorante due passi fuori dal porto un locale che ci intriga per la sua semplicità ma anche per la possibilità di mangiare il Puffin o, come più nota in terra italica pulcinella di mare, ma veniamo dissuasi da una gentile cameriera che ci suggerisce di evitare perché costa molto e si mangia poco quindi optiamo per altri piatti locali, ovviamente a base di pesce. Punto notevole i dolci con un’ottima dolce con sopra una granita al rabarbaro.

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Dopo il lauto pasto è il momento di dedicare un po’ di tempo alle cose che il giorno prima eravamo stati costretti a evitare per mancanza di tempo e quindi, subendo la temperatura record di 25° centigradi scendiamo a sud verso il lago Mytvar ed in particolare la zona lavica di Dimmuborgir.

Questa zona vulcanica si distingue per le fantasiose formazioni rocciose che il magma raffreddanosi ha formato e che i villici locali hanno pittorescamente nominato, per attirare il turista di turno, Il castello, La chiesa … qui offrono diversi percorsi di lunghezza differente che permettono di vedere diverse formazioni e soprattutto fare una bella passeggiata.

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Collezione autunno-inverno 2012 by Dimmuborgir

La chiesa di Dimmuborgir

Dopo Dimmuborgir ci fermiamo nella zona a sud del lago dove possiamo ammirare alcuni piccoli camini dovuti all’esplosione della lava bollente a contatto con l’acqua del lago.

Il camminatore

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Con il senno di poi bisogna dire meriterebbe dedicare più tempo all’esplorazione di questo lago per goderselo con calma come fanno gli islandesi che vengono qui a rilassarsi nei fine settimana, ma la mattinata in mare è stata pesante e sulle nostre spalle si stanno accumulando i giorni di viaggio ed effettivamente non abbiamo programmato nulla e quindi torniamo a dirigerci verso Akureyri dove lungo la strada ci aspetta Godafoss, la cascata degli dei.

Qui, ho anche l’occasione di vedere sulle rapide poco a valle della grande cascata, per la prima e presumo unica volta in vita mia, un salmone che salta per cercare di risalire la corrente, ma lui non è certamente baciato dagli dei visto che il salto che gli si parerà davanti è certamente troppo alto per lui.

Godafoss

Godafoss

Alla sera dopo una bella doccia all’ostello torniamo a cena al Greifinn dove stavolta ordino un Saltfiskur í raudvíni, altro pesce di mare stavolta in salsa di vino rosso, il classi piatto che non ti aspetti, strana combinazione ma buono e ben presentato.

Ma è giunta l’ora di andare a dormire, i giorni in islanda stanno volgendo al termine, ormai infatti ci manca un’altra tappa di trasferimento per raggiungere la zona est e poi da li riscendere a sud, verso la capitale per passare l’ultima notte prima di reimbarcarci per Londra e poi l’Italia.


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